Il glutine è una sostanza proteica dalla struttura complessa, originata dalla condensazione, in presenza di acqua, di gliadine e glutenine, due proteine presenti nell’endosperma di alcuni cereali quali il frumento, l’orzo, le segale, il farro, ed il kamut.

Grazie al suo elevato contenuto proteico, il glutine è spesso usato come sostitutivo della carne nelle diete vegetariane e vegane.

Nell’industria alimentare la quantità e la qualità del glutine presente in una farina è considerato un importante indice per valutarne la qualità e l’attitudine alla panificazione, stiamo parlando di quella che è chiamata “forza” di una farina.

In base al rapporto fra le quantità delle gliadine e delle glutenine che lo compongono, il glutine è caratterizzato da diverse qualità che differenziano i vari tipi di farine.

Un glutine tenace ed estensibile caratterizza le farine di forza, cioè adatte alla panificazione, che si distinguono dalle farine deboli o da biscotto. Per essere più chiari: in una tipica farina di frumento di tipo “00” la quantità di glutine sul secco ammonta a circa il 7%.

Cos’è la celiachia?

La celiachia è una malattia autoimmune dell’intestino causata da un’intolleranza permanente alla gliadina, una delle due principali tipologie proteiche costituenti il glutine, come appena spiegato. Per i soggetti affetti da celiachia risultano tossici tutti gli alimenti a base di cereali contenenti il glutine, o che includono il glutine come eccipiente o contaminante.

L’intolleranza al glutine genera l’atrofia dei villi intestinali, tale da comportare un malassorbimento dei nutrienti.

Tali reazioni sono mediate dai linfociti T (cellule del sistema immunitario responsabili delle risposte cellulo-mediate) che “sbagliano” il loro bersaglio e scatenano una cascata di reazioni autoimmuni che conducono all’atrofia della mucosa intestinale.

I villi si appiattiscono, le cellule della mucosa intestinale (enterociti) assumono una forma cuboidale (anziché cilindrica), ed aumenta il numero dei linfociti nel lume intestinale.

Tutto ciò determina il malassorbimento dei nutrienti, che deve essere riconosciuto e compensato quanto prima per limitarne la carenza nutrizionale.

È bene tenere presente che la mucosa intestinale richiede almeno 6 mesi per ricostruirsi, da quando viene intrapresa una dieta priva di glutine.

Se non viene curata, la celiachia può condurre a malnutrizione, ed in particolare a deficienza di vitamine A, B12, D, E, K e acido folico.

In Italia l’incidenza della celiachia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. I potenziali celiaci sarebbero dunque circa 400.000, sebbene ne siano stati diagnosticati solo 75.000 mila.

Ogni anno vengono effettuate 5.000 nuove analisi che portano a circa 2.800 nuove diagnosi di celiachia, con un incremento annuo di circa il 10%. Le diagnosi di celiachia e la gravità dei sintomi sono peraltro particolarmente elevate in paesi come l’Italia ove la dieta è basata su frumento e derivati del frumento, mentre risultano inferiori in paesi quali l’America centrale, dove la dieta è basata prevalentemente sul mais (cereale senza glutine).

 

Per la celiachia, l’unica terapia possibile, allo stato attuale, è una dieta rigorosamente priva di glutine, protratta per tutta la vita.

 

celiachia-intestino-glifosati-Studio di Nutrizione-Patrizia Di Mare

Alimenti a base di riso, mais, grano saraceno, miglio, soia, ecc., in associazione con frutta, verdura, pesce, carne, formaggi, legumi ed altro possono essere tranquillamente inseriti nell’alimentazione quotidiana del celiaco. Una persona affetta da celiachia, che segue scrupolosamente la dieta aglutinata, può condurre una vita del tutto normale.

Seguendo la dieta senza glutine si verifica la scomparsa di nuovi sintomi e la remissione della maggior parte dei sintomi già presenti.

L’uomo primitivo, dapprima cacciatore, è successivamente diventato agricoltore e la prima cosa che ha imparato a coltivare per il suo fabbisogno nutrizionale è stato il frumento, fonte di carboidrati, proteine, vitamine, sali ecc. In realtà mangiamo il frumento da 12.000 anni ma non è lo stesso frumento.

Noi abbiamo sempre mangiato il frumento nella varietà “Senatore Cappelli” (conosciuto oggi come facente parte di quella bella e sana categoria di “grani antichi”) con il fusto molto alto e una piccola spiga. Questo però rendeva poco e conteneva poco glutine, fino al 5-6%. Si è pensato, quindi, di modificarlo per migliorarne la resa.

Il frumento “Cappelli” negli anni ’70 è stato irradiato con raggi X e gamma del cobalto radioattivo, modificando il suo DNA, diventando il frumento della varietà “Creso”. Oggi il “Creso” è la varietà di frumento più comunemente utilizzata (90%) sul mercato, per produrre i prodotti da forno. Il “Creso” è un frumento con un fusto più basso, ma con una spiga molto più grande, facile a essere coltivato e mietuto. La quantità di glutine presente nel frumento “Creso” è aumentata fino al 9-11%. Viene inoltre trattato con antiparassitari, diserbanti (glifosati) ed altro per avere un prodotto più resistente.

Che esista una relazione diretta fra il consumo di grano trattato con glifosati e la misteriosa “intolleranza al glutine” non vi è dubbio. Questa relazione è infatti stata comprovata da uno studio della dottoressa Stephanie Seneff e del suo collega Anthony Samsel, pubblicato nel 2013 sulla rivista “Interdisciphinary Toxicology”.

Vi è da aggiungere inoltre che negli anni, la quantità di glutine presente nei prodotti da forno è stata aumentata di sei volte, per facilitarne l’impasto, la lievitazione e quindi la produzione industriale di pane, biscotti, merendine, fette biscottate, pasta, cracker, pizza, torte ecc.

Si stima che il consumo medio giornaliero di glutine oggi sia di circa 20 grammi a persona.

Ci ritroviamo quindi ogni giorno a dover “digerire” un glutine che non riconosciamo più e in una quantità decisamente superiore a quella originale. L’organo che ci aiuta a digerire le proteine, il pancreas, è sottoposto a un lavoro straordinario rispetto al passato, con gravi conseguenze su di esso: mal digestione, obesità, diabete ecc.

Inoltre il nostro sistema immunitario intestinale, adeso a tutta la mucosa intestinale, chiamato GALT, che corrisponde al 70% dell’intero nostro sistema immunitario, si ritrova nell’intestino una gliadina non digerita, con una catena di aminoacidi ancora uniti tra di loro. Questi frammenti proteici non digeriti della gliadina, sono detti “peptidi oppioidi” e sono molto tossici per il nostro organismo. Per difendersi, l’organismo attacca la gliadina producendo anticorpi, gli anticorpi anti-gliadina (AGA) del tipo IgG e IgA.

Purtroppo questi anticorpi sviluppano una reazione infiammatoria, ma è sempre una forma di difesa, inizialmente a livello delle mucose di apparato digerente, stomaco e intestino, e poi in tutti i distretti dell’organismo in cui è presente il sistema immunitario.

Si spiega così come nella sensibilità al glutine possiamo trovare sia disturbi a livello gastro-intestinale, che a livello extra gastro-intestinale, su tutti gli apparati e sistemi del corpo umano: apparato respiratorio, apparato osteoarticolare-muscolare, apparato genito-urinario, sistema nervoso, sistema vascolare, seni paranasali, orecchie, pelle, fegato, pancreas, tiroide ecc. Per questo la diagnosi di celiachia non è semplice a partire solamente dai sintomi.

Poco alla volta, con il passare del tempo, questa nuova intolleranza al glutine, una volta instauratasi, può coinvolgere ogni apparato o sistema del nostro corpo.

Il consiglio migliore che possiamo trarre da queste informazioni è l’importanza di un’alimentazione varia e variegata. Togliere spazio alla monotonia e abbracciare gusti diversi e sapori più o meno nuovi (con i cereali si può spaziare tra orzo, riso, farro, quinoa, miglio amaranto, grano saraceno,…) ci darebbe la possibilità di non fare “accumulo” di alcuna sostanza nel nostro corpo ma di smaltire e digerire con più facilità grazie anche ad un pool di enzimi digestivi sempre nuovi.